CLAUDIO MARCHISIO: L’INTERVISTA




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https://www.cronachedispogliatoio.it/app/ #marchisio #juventus #claudiomarchisio #juve CLAUDIO MARCHISIO |||| CRONACHE DI SPOGLIATOIO FUTSAL – «Ci troviamo in un nuovo palazzetto, quello della L84. Una nuova realtà di calcio a 5. Mi ha preso subito, da fuori pensavo che sarebbe stato semplice, avendo giocato ad alti livelli. E invece c’è tanto lavoro dietro: tanta tecnica, tanto movimento, è uno sport faticoso e divertente, la partita non si ferma mai. Ci possono essere cambi di risultato velocissimi, siamo nel clou della stagione e spero che riusciremo a salire in A1. Si punta a vincere, c’è una grande struttura. Dietro c’è una famiglia che ha costruito non solo la squadra, ma anche uno dei settori giovanili più importanti d’Italia. L84 collabora con la Juventus per insegnare il calcio a 5 ai piccoli. Neymar, Douglas Costa, sono arrivati da questo sport. Stanno iniziando a portare la tecnica di base del futsal nel calcio a 11, e viceversa. Sono due sport che sembrano uguali, ma non è così. Si vive di tanti 1 contro 1, quelli che ci entusiasmano nel calcio a 11: qui è sempre così, anche per il portiere». INFORTUNIO – «Ho imparato che la squadra è importante, ma nei momenti di infortunio fa tantissimo l’aria di casa tua. La famiglia, gli amici. Da infortunato, anche quando vai al campo, viaggi a una velocità diversa. Sì, sei con loro nello spogliatoio, ma vanno a una velocità diversa: fisica e mentale. Devono preparare la prossima partita. Tu hai un percorso più lento, sei sul lettino e poi fai la seconda parte in palestra. Non vivi quei momenti di squadra. Soprattutto in questo periodo, dov’è ancora più difficile muoversi, trovare la serenità a casa, quando sei giù perché il rientro in campo lo vedi lontano, è fondamentale. Chi è a casa con te vive alla tua velocità e può aiutarti a superare l’ostacolo». JUVENTUS – «Vivo con dei mal di pancia in più, la guardo in tv e non allo stadio. La vivo con la passione che avevo da giocatore. Vedere da fuori certi momenti, soprattutto quest’anno con alcuni intoppi, non è facile. Quando eri calciatore, anche se perdevi, la scaricavi nello spogliatoio o in campo. Adesso sono un tifoso. La pandemia mi ha aiutato a fare questo stacco dalla carriera professionistica. I primi mesi ero pronto, avevo preso una decisione ponderata, ma cercavo sempre un po’ il campo, anche solo girando in macchina. E mi tornava la voglia. La pandemia mi ha aiutato a staccare totalmente da quello e stare 100% sulle mie attività». ATTACCAMENTO ALLA MAGLIA – «Fai il tuo percorso da bambino nella tua squadra del cuore. Hai quel sogno. E alla fine lo raggiungi. Sembra incredibile, fino a quando non ci arrivi non ci credi. Vedi ragazzi che hanno talento come te, ma si fermano per infortuni o problemi familiari. E invece tu ce la fai. Quando sei lì e raggiungi questo sogno, devi contare che ci sono talmente tanti anni di sacrifici dietro – non ho mai fatto un weekend fuori, fino a quando non ho avuto la macchina, oppure ho perso tutte le uscite in bici da bambino – e anche nelle difficoltà ti senti attaccato. Quello che hai fatto lo hai conquistato e non vuoi più lasciarlo. In alcuni momenti potevo scegliere di andare via, specialmente nei due anni del 7° posto, alcune squadre straniere mi proponevano contratti. Erano stati anni pesanti: non avevo mai vinto niente, c’erano Buffon, Nedved, Del Piero, gente che aveva vinto Mondiali e Champions. Avevano dei mal di pancia tremendi a fine partita, e anche io: non amavo perdere con la mia squadra del cuore. Non nascondo che dicevo: ‘Ma io adesso voglio vincere, voglio qualcosa di più’. Per fortuna l’anno dopo arrivò Conte. Mi ero fatto questa promessa: volevo diventare un giocatore della Juventus. Ho avuto la fortuna di vincere tanto e non posso che esserne orgoglioso. Se guardo la Juventus, ho il sorriso per quello che mi ha regalato». SCUDETTI – «Per quello che ha vinto la Juventus, ho vinto una piccola parte. Ma anche se fosse stato solo uno, sarei felice come adesso. Quando abbiamo iniziato questo percorso non ci saremmo mai immaginati di arrivare alle vittorie, ai record, ai recuperi di punti, ai pochi gol subiti. Non ci sono solo i trofei. Il bello di rivedere le foto di fine anno, quando alzi un trofeo, è che ricordi cosa c’è stato prima attraverso i sorrisi. Quando arrivi ad alzare la coppa è come se sgonfiassi la tensione di cosa hai fatto durante l’anno».

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